Chi non ha letto una delle opere letterarie più celebri del XX secolo e tra le più vendute della storia, “Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry? Ebbene, si parte proprio da qui (anche tramite i colori di Serena Conti che ne ha curato le illustrazioni) ma con un’ambientazione più reale, quel limbo tra sogni e realtà che si cela dietro il banco di un cocktail bar, che alla fine è l’anima di ogni bartender.

Forse un azzardo osare così tanto? Accostare il mondo del bar ad un’opera di tale levatura? “Ho riletto il libro, il Piccolo Principe viaggiava per lo spazio conoscendo diversi personaggi che gli hanno insegnato molto. Nel mio caso sono state le persone a venire nel mio bar, e così le ho conosciute. Chi mi è amico sa di cosa sono capaci i viaggi che ho nella testa, associo le tante persone che incontro e nella mia “scatola” - la stessa della versione originale che l’aviatore ha disegnato su richiesta dal bambino - le faccio convivere. Diventano i miei personaggi e di loro ho parlato a lungo pensando: devono entrare nel libro!”.

Da qui parte il viaggio di uno dei bartender più noti d’Italia, Flavio Angiolillo, (a Milano, insieme ai suoi soci, ha costruito un impero di cinque locali tra cui Mag, Iter, 1930 Secret Cocktail Bar, Backdoor, Barba, oltre a Farmily produttrice di distillati e non) che, insieme ad Elena Ceschelli , ha avuto la giusta pensata di raccontare il mondo del bar, sempre più “marchettizzato” e frainteso, in maniera diversa, in pieno stile Angiolillo.

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A differenza de Le Petit Prince, dedicato all’amico (bambino) dell’autore, Leone Werth, questo libro si rivolge a tutti, perché possano capire cosa accade nei luoghi che frequentano per i loro drink, ai giovani che vogliano intraprendere questa strada, ai bartender “navigati” che ogni tanto dovrebbero mettere l’ego da parte e concentrarsi più sulle richieste di chi ordina, e a volte desidera, soltanto un semplice americano.

L'articolo completo è su Vogue

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